“Critica della identità pandemica” (edizioni Melagrana, pp 248, € 12) è un volume che raccoglie quarantuno testi apparsi sulla rivista online LEF, dal marzo 2020 al marzo 2021: dal periodo, quindi, di maggior recrudescenza della pandemia fino al suo efficace contrasto.
Questo testo corale si propone come un’accurata indagine, a mio avviso riuscita, sulle dinamiche dapprima embrionali, poi via via sempre più nitide nel suo sviluppo, del Covid-19: dallo stravolgimento delle strategie sanitarie alla sfida complessiva che la pandemia, ben presto diventata sindemia, ha lanciato al nostro welfare state e all’idea stessa di politica.
Per muovere una critica accurata, però, c’è bisogno di analizzare il fenomeno e le sue ripercussioni nelle diverse fasi che lo contraddistinguono: guardare, capire, parlare, agire. E sono proprio queste le categorie in cui gli scritti vengono ordinati, a seconda del riferimento di ognuno di essi alle modalità che l’intellettuale engagé adopera di fronte all’oggetto della sua ricerca.
Il leitmotiv dell’analisi è l’estrema fragilità dell’essere umano (la famosa “canna pensante” di Blaise Pascal) che può essere annientato dal vapore o da una goccia d’acqua e, ciononostante, credersi onnipotente. E però l’unica onnipotenza che ci possiamo riconoscere nonché permettere, chiosa Rino Malinconico, è quella del pensiero (Cogito, ergo sum) allorché, nel suo ambito, ci attribuisce la “signoria” sul mondo. Ma per produrre effetti reali, non dovrà trattarsi del semplice “pensare” astratto o puramente contemplativo, bensì di un “pensiero combattente”, teso a fornirci una utile cassetta degli attrezzi. Utile, cioè, anche per fronteggiare un’epidemia di proporzioni mondiali come il Covid-19.
Eppure, la pandemia deve fungere da monito: occorre rigettare, una volta per tutte, la declinazione capitalistica della cosiddetta “vita egotica”, per far spazio alla fragilità nel nostro vivere quotidiano; e dentro questa vulnerabilità, cercare la via di uscita.
E sì! Perché, secondo gli autori di “Critica della identità pandemica”, una uscita di sicurezza capace di metterci in salvo, non solo c’è, ma è obbligatorio percorrerla se ci vogliamo immunizzare dalle brutture e dalle ingiustizie della nostra società alienata. E questo sbocco, detto in breve, è la svolta convinta e ostinata “a sinistra”.
Il momento per rifondare una Sinistra veramente tale, paradossalmente, è proprio ora: ora, cioè, che i dogmi del liberismo sono stati sbugiardati. Si è constatato, infatti, che la tanto decantata economia moderna, se non funzionano la politica e lo Stato, non ha spazio. Ma vi è di più: si è dimostrato anche che lo Stato e la politica non sono autonomi, in quanto dipendono fortemente dalla società. Basta guardare, a tal proposito, a cosa è stata costretta a fare la politica nella fase più acuta della pandemia: e la sospensione del patto di stabilità e la chiusura delle fabbriche sono solo due esempi.
Senza contare il fatto che è il paradigma capitalistico in quanto tale a essere investito e posto sotto accusa. E ciò per la sua nefasta (eppur convincente) attitudine a ridurre la natura e l’umano a nient’altro che merci, commisurate tra loro attraverso i valori di scambio. Poi può capitare che si diffonda un virus mortale, e la trama e l’ordito della destra più becera si sfilaccia miseramente.
Sta allora alla Sinistra trovare la forza e la maniera di approfittarne; ma non prima di aver fatto chiarezza al suo interno, anche a livello strutturale: questo tempo fluido può ancora farsi rappresentare da una Sinistra che, parafrasando Jean Paul Sartre, si articola come una “organizzazione pratico-inerte”? o non è piuttosto il momento che essa si ridisegni come un più dinamico “gruppo in fusione”?
Questa raccolta di scritti, pur essendo accomunati dal pensiero progressista dei loro autori, racchiude diverse sensibilità e approcci al Covid-19 e, soprattutto, alla sua incidenza sulla società che dev’essere necessariamente rimodellata. Se non ora, quando?
Alla fine di questa recensione che non può non essere, per l’estrema ricchezza dei contributi, colpevolmente parziale, mi piace sottolineare, oltre l’indubbio pregio politico e dell’analisi sociale, anche l’apprezzabile valore letterario dell’opera; cosa, quest’ultima, non scontata: non sempre, infatti, l’acutezza della riflessione si sposa con una prosa accattivante e di immediata presa sul lettore. “Critica della identità pandemica”, in conclusione, è una silloge che non può sfuggire a chi, suo malgrado, ha attraversato lo sconvolgimento della pandemia e, soprattutto, a chi si troverà, in maniera consapevole, a doversi interrogare sulle criticità che essa ha evidenziato