Commemorazioni

(Dal fondale entrano sul proscenio Giovanni e Paolo, il volto infarinato bianco, i vestiti scuri da cerimonia, l’andamento lento e cadenzato. Anche la loro recitazione è straniata. Non si guardano mai in faccia e hanno sempre il volto rivolto in alto. Si capisce subito che sono degli spiriti. Sul finire del dialogo si muovono di lato, uno dietro l’altro, sempre col medesimo atteggiamento e la medesima intonazione, e le ultime battute le dicono giusto sul limitare del proscenio.)

GIOVANNI: Ancora non è placato il tuo sdegno? Te l’ho dico di nuovo: devi fartene una ragione. Essi, gli umani, sono fatti così. Si commuovono un giorno e ridono spensierati per i 364 giorni che restano in un anno. E però restano sinceri quando si commuovono…

PAOLO: È inutile, è inutile che provi a giustificare l’ingiustificabile. Tutto posso accettare, ma non la falsa coscienza. Nella falsa coscienza c’è sempre la fiamma della colpa!

GIOVANNI: Andiamo Paolo… Non è da te codesta durezza… I sentimenti, le passioni sono sempre reali. Il fatto è che non riescono a vivere a lungo. Non possono. La loro stessa intensità li consuma. Cosa pretendi? Che tutto fosse continuato ininterrottamente uguale dal 1992 ad oggi? Che le lacrime, la rabbia, la voglia di riscatto fossero ancora intatte, alla stessa maniera, dopo venticinque anni? Pensi davvero che i cortei di allora, le parole dure che dicevano “niente più mafia, basta omertà” siano state soltanto un indurimento superficiale delle coscienze? Delle semplici parole senza vera intenzione?

PAOLO: Non accusarmi ingiustamente Giovanni. Lo sai bene che non è in discussione tra noi il 1992! Anch’io lo giudico un anno di passione eccezionale, di straordinaria passione civile. Fu per la Sicilia, per l’Italia, un momento di risveglio reale. In milioni, li abbiamo ben visti noi da qui, urlavano con tutta la loro voce cristallina: basta! basta! basta! E a Capaci e in via d’Amelio si portarono vere lacrime…

GIOVANNI: Dunque convieni con quello che dico: sono state passioni e lacrime vere!

PAOLO: Sì, dici bene: sono state! Ma ora la verità sono queste pantomime, che vengono puntualmente uguali anno dopo anno, con le scolaresche portate in fila e i discorsi alle lapidi e le riprese ripetute alla tv, i commenti inutili sui… come si chiama questa roba dei telefonini?

GIOVANNI: Social media

PAOLO: Già i commenti sui social media… è sempre la stessa rappresentazione rituale anno dopo anno. È  questo Giovanni, che non reggo più!

GIOVANNI: Per la verità, sulla ritualità, sulla retorica di molte commemorazioni non posso darti torto…

PAOLO: È questo Giovanni, capisci? proprio questo che non sopporto. Invece di commemorarci, perché non fanno un provvedimento in Parlamento semplice semplice, che dica che ciascun cittadino deve motivare non le sue dichiarazioni, come è adesso, ma proprio l’origine dei beni reali che possiede? Eh, perché non lo fanno? Basta partire dal tenore di vita, non dalle dichiarazioni dei redditi: come uno vive lo si vede subito, a occhio nudo, non lo si può nascondere tra le pieghe delle detrazioni! O nel segreto delle banche, o tra le intestazioni delle società di comodo. Ecco: una semplice legge di intervento ordinario che chiami ciascuna persona a rispondere del suo concreto livello di vita e dei beni che abitualmente ha in uso o in godimento. Risponderne in un contraddittorio trasparente, per carità!, con tutte le garanzie di legge, e svolto neppure dalle forze dell’ordine o dai giudici, ma dalla normale autorità amministrativa… Ma se poi esce fuori che i beni concreti e visibili, i viaggi che uno fa, e le spese quotidiane, e gli oggetti di pregio che gli riempiono la casa… se tutto questo eccede significativamente il reddito storico dichiarato di Tizio o di Caio, e quindi costui non ne può spiegare la provenienza e la copertura economica, io non dico neppure che lo si mandi in galera, ma si sequestra immediatamente, questo sì!, eh, sì!… si sequestra senza perder tempo tutto il suo di più. O magari neppure tutto: solo la metà, i tre quarti…

GIOVANNI: Eh, caro mio, ma così tu non ti limiti solo alla mafia! Ci sono tante “brave persone” – oh, quanto a questo, bravissime e normalissime persone, caro Paolo – che le loro ricchezze le nascondono nel modo migliore al fisco, magari intestandole alle loro società…

PAOLO: Certo, Giovanni, ma mica sarebbe difficile contrastare gli abusi, tu lo sai bene. Basterebbe mettere un tetto, proporzionale al numero dei dipendenti, sulle spese di rappresentanza. Una società con 1000 dipendenti può anche avere 15 auto di rappresentanza; ma una che ne conta 10 o 15 e ha 5 auto di rappresentanza, uno yacht e magari un elicottero…

GIOVANNI: È vero: se c’è volontà di sollevare i coperchi, la cosa può senz’altro funzionare…

PAOLO: D’altronde, Giovanni, a questo c’eravamo ben arrivati: la mafia cresce perché c’è un tessuto sociale, un tessuto vasto di corruzione e di intrallazzi nella società normale, soprattutto nella società normale che più conta, quella che determina l’andamento dell’economia e le scelte della politica…

GIOVANNI: Già. In un paese che ha il record europeo dell’evasione fiscale nessuno può stupirsi se poi cresce l’albero della malavita organizzata e introduce dappertutto le sue radici avvelenate: succede proprio perché gli ambienti decisivi dell’economia e della politica non vogliono o non possono permettersi i controlli sui patrimoni di tutti… È amaro dirlo. Ma è così.

PAOLO: E se è così, mi sai dire a che servono queste commemorazioni?

GIOVANNI: Bella domanda! Ma non ci pensare troppo, caro Paolo. E poi le celebrazioni con luglio finiscono e se ne riparla al prossimo 23 maggio, l’anno prossimo…

PAOLO: Eh sì, l’anno prossimo, ventiseiesimo anniversario, il 23 maggio, il 19 luglio… Di nuovo scolaresche, di nuovo discorsi, di nuovo riprese, di nuovo commenti…

GIOVANNI: Gli uomini sono fatti così…

PAOLO: Sono fatti male, Giovanni!

GIOVANNI: Ma non devi essere troppo duro, troppo severo. Negli esseri umani c’è anche del buono…

PAOLO: Del buono, dici?

GIOVANNI: Sì, del buono… negli esseri umani c’è anche del buono…

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