Come gli zapatisti intendono la politica

Stralci da una intervista al sub-comandante Marcos

Prossimamente, tra giugno e luglio, un’ampia delegazione zapatista sarà in Europa, e anche in Italia, per confrontarsi con coloro che vogliono un “altro mondo possibile”. Stanno percorrendo ora l’Atlantico su una nave a vela, emblematico gesto di risposta dei nativi d’America alla traversata di conquista di Cristoforo Colombo. Con la precisazione che gli zapatisti non vogliono conquistare alcunché. Si propongono solo di camminare assieme a chi si batte per un mondo più giusto, più umano e più in armonia con la natura.

Anche al fine di presentare nel modo più appropriato gli incontri che ci saranno nelle prossime settimane, noi di LEF abbiamo pensato di far cosa gradita ai lettori e alle lettrici riprendendo dal settimanale uraguaiano Brecha stralci significativi di una lunga intervista a Marcos pubblicata il 27 ottobre 1995. I due giornalisti, Samuel Blixen e Carlos Fazio, titolarono il pezzo “Don Chisciotte di fine secolo”, un titolo che giudichiamo fuorviante sia perché personalizza una vicenda storica e sia perché suggerisce scenari di fantasticherie irrealistiche. Al contrario, a 25 anni di distanza, le innovative tesi espresse in quel colloquio dal subcomandante dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale dimostrano davvero una grande solidità.

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Domanda: Diceva che le comunità stanno spingendo per la democrazia, ma il concetto è vago, perché ci sono molte democrazie.

Risposta: È quello che io dico loro [agli indigeni]. Cerco di spiegargli: voi potete fare questo [risolvere i problemi con il consenso comune] perché fate vita in comune. Quando si riuniscono in assemblea, si conoscono e riescono a risolvere un problema comune. Ma dalle altre parti no, gli dico. La gente vive separata e usano l’assemblea per altre cose, non per risolvere un problema; ma loro dicono: noi invece ci riusciamo. E in effetti è così: risolvono il problema. E propongono questo metodo alla nazione e al mondo … Questo è ciò che loro chiamano “comandare obbedendo” … È così che loro prendono le decisioni. E quando qualcuno non va bene, lo cambiano, senza fare tanto scandalo. Quando il presidente dell’ejido si sbaglia, lo cambiano e lui ritorna a far parte dell’assemblea. Noi abbiamo insistito perché l’Ezln non proponesse la democrazia rappresentativa, quella dei partiti politici. E ci dicono – negli articoli, nei giornali – che sbagliamo, che in realtà le comunità indigene sono sconfitte perché qui quello che conta è l’individuo, mentre le comunità vogliono far valere il collettivo. Sì. Per questo diciamo: abbiamo bisogno di un’altra forza politica, diversa, non partitica…

Domanda: Cosa vuol dire quando parla di una forza politica non partitica? I partiti politici non servono per la democrazia che proponete?

Risposta: Cercate di mettervi da questa parte del passamontagna. Da questa parte c’è una persona che ha vissuto dodici anni nelle comunità indigene. Che ha vissuto insieme a loro. È un indio, come dicono loro. “Marcos è un indio come noi”. E pensa come loro. Che cosa hanno fatto i partiti politici per loro? Un partito politico riesce a dividere una comunità. I partiti vogliono che la gente li segua, e quelli che non li seguono, seguono un altro partito. Vince chi ha più forza. I partiti dividono le comunità e rompono tutto. Anche quando è arrivato l’Ezln la comunità si è divisa. È questa la verità. Quando siamo arrivati qui, lo abbiamo fatto da organizzazione politica. Ma solo nel momento in cui si è cominciato ad avere il consenso siamo potuti entrare nella comunità. Altrimenti non avremmo potuto. Stavamo entrando per dividere, come sta facendo ora l’esercito federale. Sta mettendo le sue armi al servizio di una parte nello stesso modo in cui le nostre armi erano al servizio di una delle parti. E questo non serve. Quello che serve è che la comunità sia d’accordo. I partiti politici impediscono che la comunità trovi un accordo, perché il partito politico vuole degli individui. È pertanto necessario costruire una forza politica che non divida. Che non contrapponga … C’è bisogno di una forza politica che ricerchi questo, non il potere. I partiti politici vengono e dicono: “chi farà il presidente dell’ejido?”. I compagni dicono: “il problema non è chi farà il presidente dell’ejido, ma che il presidente faccia quello che dice la comunità”. Allora, c’è bisogno di una forza politica che organizzi la comunità per esigere dal presidente dell’ejido, dal sindaco, dal governatore, dal presidente della Repubblica, dal parlamento, che si metta al servizio della comunità e della nazione.

Domanda: Le hanno detto: “Entra in parlamento e fai valere i tuoi punti di vista attraverso la maggioranza”…

Risposta: Sì, lo so. Ma i compagni dicono: “Questo parlamento dovrebbe obbedire a quelli che dice di rappresentare”. So che sto parlando di un qualcosa così nuovo che è difficile da capire…

Domanda: Quello che non dice e come dar corpo a tutto ciò.

Risposta: Perché non abbiamo nemmeno una porca idea di come farlo. Posso immaginare un’assemblea di una comunità, o anche di tutto un popolo. Perché? Perché l’ho vista. So come si organizzano per risolvere i problemi, con una particolare mescolanza di rappresentatività e di assemblea.

Domanda: E, onestamente, crede che questo possa funzionare con la nazione?

Risposta: So che l’altro non funziona. Quello che c’è adesso non funziona.

Domanda: E lei sta dando alla gente l’idea che ciò sia una cosa che potrà funzionare? Risposta: Stiamo dialogando, diciamo noi. Noi abbiamo questa esperienza, ma certo i nordamericani o gli operai o gli autisti dell’impresa Ruta 100 o i partecipanti all’Incontro nazionale dei diritti cittadini, ne hanno altre che possono amalgamarsi.

Domanda: Questo che lei propone non è il braccio politico della guerriglia?

Risposta: No, è un mondo nuovo. Molto semplicemente.

Domanda: Dunque la guerriglia è il nucleo parziale di un movimento delle comunità indigene?

Risposta: Così si era deciso, ma ora non più. È risultato che la guerriglia dell’Ezln è come il presidente dell’ejido: serve fino a quando la comunità ritiene che serva. Nel momento in cui non serviamo più, ci manderanno via.

Domanda: La domanda sul nucleo parziale si rifaceva al vecchio concetto di quadro, di militante più formato…

Risposta: Sì, quello era il progetto. Noi cercavamo di costruire un partito politico a partire dall’Ezln, che lavorasse nelle comunità indigene. Non abbiamo potuto. Non abbiamo potuto perché è un’altra cultura, è un altro modo di fare politica. Non sono degli analfabeti politici. Hanno un altro modo di fare politica. È quello che vogliono fare al potere è alfabetizzarlo politicamente, ovvero contagiare questo sistema politico.

Domanda: E come mette d’accordo questo con il verticalismo necessario in una struttura militare?

Risposta: Ci siamo arresi [alle comunità], è quello che abbiamo fatto nel 1990.

Domanda: Ma in un’organizzazione militare che cresce e passa a forme di consenso, qualunque membro può discutere un ordine con il criterio dell’assemblea comune…

Risposta: Sì, può succedere. Ho bisogno dell’avallo delle etnie. Per questo ho bisogno del comando…  Ne ho bisogno. Altrimenti non posso dare ordini a una forza guerrigliera indigena.

Domanda: E una volta che li dà, li eseguono?

Risposta: Sì, perché si decide pubblicamente. Io dico: “facciamo la guerra”. E mi possono rispondere: “Tu sei matto. Nemmeno per sogno”. Io non posso comandare militarmente. Ma nessuno lo capisce. Marcos non ha bisogno del Comitato clandestino per giustificare che si tratta di un movimento indigeno, perché la cosa è innegabile, ma per prendere decisioni politiche e per poter esercitare il comando militare … Marcos ha bisogno dell’approvazione delle comunità per impartire l’ordine di guerra. Se non ho questa approvazione, non esisto come comandante militare. Senza questa approvazione dei capi indigeni, non esiste l’Ezln. E ciò è vero fino al punto che la stessa esistenza dell’Ezln dipende da questo.  Nel momento in cui le comunità dicono: “vattene”, come lo possono dire al presidente dell’ejido, io me ne devo andare. Altrimenti corro il rischio di rimanere da solo.

Domanda: E cosa succede se Marcos scomparisse?

Risposta: Nella struttura dell’Ezln c’è una scala gerarchica. C’è un altro che viene dopo. I compagni sanno chi viene dopo. Mantengo regolarmente informato il Comitato clandestino e i secondi nel comando di tutto quello che faccio… Il che significa che i compagni hanno il quadro dell’organizzazione. Sanno dove siamo e dove andremo.

Domanda: Ossia, niente smette di funzionare se Marcos sparisse…

Risposta: Teoricamente no.

Domanda: E questo suo ruolo di ” traduttore “?

Risposta: Questo non era programmato. La colpa è dei mezzi di comunicazione, che volevano sapere,t ma non potevano capire. Si erano imbattuti in un movimento di resistenza in cui il colore della pelle detiene un significato ideologico, di oppressione, di sfruttamento, di menzogna. Se no, come avrebbero potuto conoscere un movimento composto di gente dalla pelle scura?

Domanda: Per cui la composizione delle etnie è ciò che ha dato un corpo alla guerriglia e ha rotto tutti i criteri precedenti di organizzazione armata…

Risposta: Noi possiamo dire in un documento quello che vogliamo. Ma la realtà fa capire meglio.

Domanda: Questo spiegherebbe il fatto che voi state sempre cambiando; che non c’è una posizione strategica prestabilita. Il che spiega anche l’avanzare a fatica del dibattito dalla Convenzione di Aguascalientes alla proposta di un Movimento di liberazione nazionale, la venuta di Cuauhtémoc Cardenas nella serva, la consulta, l’opzione per la società civile e la richiesta di formare un polo dei senza-partito e un fronte allargato. L’Ezln ha una politica di alleanze?

Risposta: Stiamo pensando su due livelli. Il livello di un fronte ampio, assieme ad altre organizzazioni politiche, e quello della nuova organizzazione politica. Quando diciamo che nella discussione del dialogo nazionale c’è un tema che si chiama “creazione di una nuova forza politica con base nell’Ezln” è perché abbiamo chiesto: “Diventiamo una forza politica?”. Sì? Bene: questa nuova forza politica la vogliamo fare senza i partiti politici, mentre con i partiti ci confrontiamo nel Fronte ampio di opposizione o nel Movimento ampio di opposizione. Figuratevi: “Mao”. Ora, questa forza politica che vogliamo costruire non la facciamo per guadagnare dei posti in parlamento. Non è una forza contro i partiti politici. Si tratta di una forza di cui il governo, i partiti dovranno tener conto. Nel peggiore dei casi, che ne tengano conto. Nel migliore dei casi, che gli obbediscano. In ogni caso rimane il problema delle organizzazioni politiche che si pongono il problema del potere. Il luogo dove questa gente dovrà confluire, nella misura in cui è contro il sistema del Partito-stato e contro il neoliberismo, è il Fronte ampio di opposizione. Ma si tratta di due livelli. Questo il Prd non lo capisce … Alcuni suoi dirigenti fanno analisi molto buone. Però bisogna togliere il tappo al cannocchiale, altrimenti non si vede niente. Se non togli il tappo, il cannocchiale si trasforma in uno specchio… So che la risposta logica è: d’accordo, però, com’è possibile costruire una forza politica che non sia un partito? Non ne ho la più pallida idea. Quello che possiamo proporre alla gente è: mettiamoci d’accordo. Noi facciamo politica sparando. Per farci sentire. Non già per prendere il potere. Figuratevi se non avessimo sparato…

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