Un autentico figlio di Napoli

Nei giorni scorsi ha suscitato una vasta emozione la scomparsa, a Napoli, di Francesco Ruotolo. 

Francesco è stato una figura pubblica difficilmente classificabile. Giornalista al Mattino di Napoli, al Quotidiano dei Lavoratori, poi ideatore e direttore di Bric a Brac, diffusissimo periodico di scambi di cose e contatti, un vero e proprio mercatino dell’usato su carta. È stato un tenacissimo militante politico, ha fatto l’insegnante, ha ricoperto incarichi istituzionali.

Se dovessi però azzardare una definizione, direi che Francesco Ruotolo è stato uno splendido figlio della città di Napoli. Un cittadino esemplare, radicato nella città, nelle sue storie, anche nei suoi chiaroscuri. È a Napoli che ha dedicato, quasi consegnando alla città e alle sue sofferenze tutto se stesso, l’intera sua vita.

Poco più di due anni fa mi aveva telefonato per dirmi che aveva messo insieme storie e racconti scritti negli anni di cui voleva ora farne un libro. Lessi i suoi racconti, che in tanta parte già conoscevo poiché la sua militanza ed esperienza si sono quasi sempre intrecciate con me, e gli presentai la giovane casa editrice che pubblica ogni tanto anche qualche mio scritto.

Quel libro, voluto con infantile entusiasmo, “70 racconti fa”, è ora diventato di fatto una specie di testamento. Lì allo stile giornalistico, sempre chiaro ed efficacissimo, si aggiunge la dote dello scrittore. E, mi piace sottolinearlo, con una forte impronta tipica della letteratura del neorealismo italiano.

Le sue non sono solo memorie politiche ma veri e propri racconti. Storie semplici raccontate con scrittura snella ed elegante e che restituiscono sprazzi del suo profilo anche umano. Le origini familiari, il matrimonio dei suoi genitori, la vecchia zia, gli amori giovanili. Un libro che è un po’ un viaggio, nella propria vita e nella storia profonda della città che ha amato visceralmente. Francesc

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