e perché riprende le pubblicazioni
Ci siamo fermati questa estate, come si è fermata la pandemia.
Perché c’erano le elezioni regionali e alcuni di noi ci si sono buttati dentro, pancia a terra.
Per provare a costruire una promessa, anche solo un accenno, di alternativa.
Altri, invece, erano di diversa opinione.
Per questi lo sforzo non era semplicemente inutile, ma addirittura sbagliato.
E però, alla fine, per pigrizia, per evitare faticose discussioni, hanno taciuto.
Così ci siamo fermati: forse avremmo potuto continuare, mettendo tra parentesi la questione elettorale, sospendendone il giudizio. Ma non ci siamo riusciti, perché la verità è che siamo troppo pochi e la quantità, in certe questioni, è essenziale.
In questo senso la pausa era necessaria: perché ci parla del nostro limite fondamentale, che è, evidentemente, quello della mancanza di un dibattito che coinvolga circuiti più ampi, di una partecipazione reale.
Le cose che diciamo e scriviamo, più o meno intelligenti che siano, acquistano senso solo se diventano materia di un dibattito vero.
Il confronto di milieu politico, con le aree culturali e politiche sensibili al tema della trasformazione e dell’alternativa di società è un’ottima cosa: facile a dirsi, ma molto difficile a farsi e soprattutto non sufficiente.
Manca soprattutto un dibattito aperto con i soggetti “sensibili” nati dopo la grande sconfitta: le ragazze ed i ragazzi del 2000 che hanno aperto gli occhi sul destino di questo pianeta e che s’incrociano nelle aree del volontariato e dell’attivismo ambientale e antirazzista, che ritrovi nelle scuole, nelle università, nel lavoro diffuso e, perché no, nelle aziende a 1000 euro al mese quando va bene.
Questo è il tempo dell’impotenza, della fragilità.
Diciamocelo con chiarezza.
Non solo gli scienziati, i governanti, i padroni si sono trovati a fare i conti con la loro impotenza nei confronti di una cosa con un diametro inferiore ad un decimo di micron.
Abbiamo dovuto farci i conti anche noi, sconfitti dalla grande storia del ‘900 che si era aperta con l’assalto al cielo e si è chiusa con il crollo del Muro e che non ci aspettavamo che ci fosse una impotenza ancora maggiore di quella provata dopo il secolo breve.
E’ il tempo dell’impotenza per tutti.
Ma è anche il tempo della consapevolezza del limite.
E forse può essere il tempo della gentilezza.
Per questo forse vale la pena riprendere a pubblicare: con due obiettivi chiari. Riconnettere la nostra piccola zattera ad altre zattere e anche a barche più grandi, per farne una flotta, sgangherata quanto si vuole, ma meglio di niente. E la seconda: trovare a tutti i costi il modo di discutere con la generazione Z, con questi ragazzi che non sanno cosa sia un gettone telefonico e che vivono un presente dilatato, senza pesi né radici e, però, senza neanche futuro.
Ha senso rimetterci a scrivere se lo facciamo con questo impegno.