Sono convinto che “prima”, prima del coronavirus ci fosse un rischio concreto di deriva autoritaria in Italia e in tutta Europa. Dopo il coronavirus, invece, la storia di questo secolo si aprirà ad un bivio.
In primo luogo la sanità e in generale i servizi pubblici diventeranno oggetto di uno scontro di classe: da un lato il 99%, la moltitudine degli operai sociali (dalle tute blu agli impiegati, dagli infermieri ai medici, ai piccoli commercianti, ai lavoratori autonomi, ai contadini e così via) e dall’altra i funzionari del capitale (grandi industriali e banchieri, grandi manager), da un lato l’esigenza di socialismo, di dare importanza alla salute, alla vita e ai beni comuni innanzitutto (per dirla in altre parole) e dall’altro il liberismo ed il primato dell’economia, con i liberisti però messi davvero male.
In secondo luogo, sul piano internazionale, c’è un evidente cambio di passo. Perché da questa storia da soli non si esce e il rilancio mediatico degli applausi a scena aperta a Cubani e Albanesi sono un fatto simbolico di grande importanza. La partita dell’Europa, al di là delle battute di posizionamento nella trattativa, si è aperta bene, con la sospensione del patto di stabilità e probabilmente si chiuderà con la sepoltura di Maastricht e la trasformazione di fatto della BCE in una banca federale (con l’emissione di titoli europei, che forse non si chiameranno coronabond ma chissenefrega) e giocoforza della trasformazione della UE in direzione della federazione.
Naturalmente non è detto che vada così: lo scenario arioso e solidale del Portogallo democratico (nella foto il presidente del Consiglio portoghese, il socialista Antonio Costa) che regolarizza gli immigrati si contrappone a quello cupo e razzista dell’Ungheria nazionalista.
Ma se andasse nella direzione dell’Ungheria, l’Europa non ci sarebbe più. E, però, in quel caso ogni stato, anche i più ricchi, compresa la Germania, dovrebbero rivolgersi alla … Cina per farsi finanziare (visto che gli USA non avranno né le risorse né intenzione, costretti come sono ad un fronte interno complicato e a mettere sul piatto, solo per fronteggiare la crisi sanitaria, l’equivalente del PIL italiano, non possedendo un servizio sanitario nazionale): la dissoluzione dell’Europa e la direzione Ungheria, con una crisi economica senza precedenti e lo sgomitare sempre più violento dei nazionalismi, ci potrebbe portare, nell’arco di un decennio, in piena barbarie e alle porte di una guerra mondiale.
Ma, come si sta vedendo in questi giorni, a differenza degli anni ’20 del secolo scorso, la società, in quanto moltitudine interconnessa, questo individuo sociale produttivo, è molto potente, più dello stato e della politica. In questa crisi la società ha piegato la politica, cancellando 20 anni di liberismo, e l’ha costretta a comandare sull’economia. La battaglia è in corso, ma finora la politica e l’economia hanno subito un serio colpo. Con questa potenza, che si esprime in maniera chiara in Portogallo, dovrà fare i conti l’etno-razzismo fascista di Orban (nella foto, si capisce facile chi è).

Funzionerà il tentativo di limitare l’interconnessione della moltitudine? Dipende anche da quel che succederà in Ungheria con l’epidemia. Potrebbe diventare, quello di Orban, un passo falso: il paternalismo spesso finisce con la forca. E di certo l’evoluzione del quadro dipenderà anche da come andrà in Europa. Se salta, Orban può diventare pericoloso ed essere emulato, se invece si va in direzione degli USE, allora per Orban lo spazio sarà minimo e finiremo tutti per andare nella direzione del Portogallo.
Di certo i liberisti alla Macron hanno poco spazio e in ogni caso, la Cina “dopo”, sarà molto più vicina.
Portogallo senz’altro